La nostra Antonella Summa ha incontrato Anna Bressanin per una breve intervista.
Con una formazione filosofica e varie esperienze giornalistiche alle spalle, Anna Bressanin approda negli Usa dodici anni fa e vuole “fare la film maker”. Vive fin da subito la realtà di New York con curiosa attenzione maturando l’esigenza di restituire le storie che osserva “on the field” attraverso shorts audiovisivi capaci di sottolineare la molteplicità dei colori di cui si veste la realtà americana; una realtà troppo spesso superficialmente semplificata, in Italia e in Europa, in un poco convincente bianco e nero ( i buoni e i cattivi, i belli e i brutti, i liberal e i conservatori), o travestita e nascosta sotto i colori accesi delle metropoli del business, del cinema e del turismo….
La New York dove Anna vive e muove i primi passi professionali collaborando con la BBC è un misto di struggenti rigurgiti cinematografici risalenti all’adolescenza e di caleidoscopici scenari su cui appaiono volti, storie, lingue, persone con cui condividere una stanza costosissima con le porte che non si chiudono, cibi speziati e una inspiegabile ma irresistibile fiducia nel futuro e nelle proprie potenzialità. Ed è proprio da questa riflessione sulla “Confidence americana” che Anna
parte nel progettare una serie di video, editi con successo sulla piattaforma di BBC reel e successivamente “tradotti”, letteralmente, in italiano e lingua scritta, nel libro Whatt’s up America. Ed è da qui che iniziamo la nostra conversazione.
Il libro: “What’s up America. Viaggio alla ricerca dello spirito degli Stati Uniti”, People Editore, 2022

Per quasi 200 anni, autori e giornalisti da tutto il mondo si sono recati negli Stati Uniti per scrivere memorie e osservazioni sull’idea stessa dell’America. Cosa rende unico questo Paese? Perché è così diverso da tuttigli altri?
La giornalista della BBC a New York Anna Bressanin ci guida in un viaggio virtuale attraverso la nazione, ponendo domande fondamentali sull’americanità, la religione, il sesso, le droghe e la libertà alle persone più interessanti che ha conosciuto negli States, intrecciandole ad un vivace racconto degli episodi personali, politici e sociali più sorprendenti e tumultuosi di dieci anni di vita americana. What’s Up America è un saggio sulle più essenziali e curiose differenze tra gli Stati Uniti e l’Italia. A metà strada tra Tocqueville e Sex and the City, questo racconto dipinge un ritratto
candidamente onesto, al di là degli stereotipi, di un paese enigmatico ed entusiasmante.
L’autrice: Anna Bressanin
Giornalista e filmmaker, Anna Bressanin vive a New York da oltre dieci anni e attualmente è la responsabile per gli Stati Uniti di BBC Reel, la sezione di video e cortometraggi della BBC. Anna ha creato ed è la curatrice del primo film festival della BBC, LongShots.
Come regista, ha diretto numerosi documentari digitali e TV, e ha seguito e documentato i principali avvenimenti statunitensi e globali, come il movimento Black Lives Matter, la prima visita del presidente Obama
all’Avana, la protesta di Standing Rock e la campagna presidenziale di Trump 2016. Nel 2020 ha lanciato una serie di saggi visivi, premiati con un Telly Award nella categoria Best Writing, che esplorano l’americanità attraverso messaggi di testo e conversazioni su smartphone, e che sono alla base del suo primo libro “What’s Up America. Viaggio alla ricerca dello Spirito degli Stati Uniti’.
Quale motivazione l’ha spinta ad affiancare l’esperienza della scrittura al suo ruolo di editor di documentari digitali e quali sono stati i passaggi che hanno portato al suo libro?
Avevo delle cose da raccontare. E volevo farlo in modo più libero, sia nella forma che nei contenuti, di quello che faccio nel mio mestiere di giornalista e responsabile di una pubblicazione internazionale. Come giornalista, soprattutto nella mia testata, ho un dovere di obiettività e lo stile è quasi sempre neutro, giornalistico appunto. I tempi sono ridotti e il mio format di riferimento è il video, o il documentario. Lavoro con produttori, montatori, grafici, ricercatori ecc. tutte persone di
talento con cui confrontarsi, decidere, discutere… è bellissimo ma è anche laborioso e necessariamente sempre un compromesso. La scrittura è invece un sollievo in quel senso. Finalmente soli. Scrivere, soprattutto nella propria lingua madre, ha un’immediatezza che è impossibile trovare altrove, e una libertà che per me è una vacanza.
Il libro ci presenta una molteplicità di eventi ed incontri che hanno tessuto la trama di questi
suoi anni americani. Quali ritiene siano stati i più significativi e toccanti?
Ho passato dodici anni negli Stati Uniti, da giornalista, e ho avuto la fortuna di assistere da vicino ad eventi epocali, come la protesta di Black Lives Matter, ma anche quella dei nativi americani a Standing Rock, la prima visita di Obama a Cuba, la morte di Fidel Castro, i funerali di Mohammed Ali, le elezioni presidenziali, la campagna di Donald Trump e Bernie Sanders, l’uragano Sandy… Solo per citarne alcuni. Il che è normale per un giornalista. Ti arriva una telefonata di notte e dopo due ore sei all’aeroporto diretto verso una qualsiasi città dov’è successo qualcosa di importante o grave o più spesso tragico. Nel mio libro ho poi raccontato com’è vivere a New York, le amicizie, i vicini di casa, le feste, gli studi yoga agonistici, le cucine dei ristoranti, le peripezie per comprare un appartamento… tutte le piccole cose assurde o divertenti di tutti giorni in un paese che è entusiasmante e pazzesco allo stesso tempo. Quali siano più significativi, se lo siano di più gli eventi pubblici o quelli personali, poi non lo so. Forse i grandi eventi sono più noti, mentre il personale è per definizione inedito.
Il libro colpisce per la sua freschezza e per la sua articolazione snella, scorrevole; usa più registri comunicativi, alterna i tratti narrativi del diario personale all’incursione dei virgolettati tratti da WhattsApp o dalle telefonate… Un modo contemporaneo per raccontare una realtà, la contaminazione di stili al servizio della restituzione del reale…… Ci può dire quanto sia stata “naturale” questa scelta – se lo è stato – e farci qualche esempio?
Questo libro è nato da una serie di saggi video dal titolo What’s Up America che produssi per la BBC nei mesi prima delle elezioni del 2020. Questi saggi erano un viaggio virtuale alla ricerca dello spirito degli Stati Uniti, in cui esploravo i grandi temi del paese attraverso interviste fatte con conversazioni al telefono e messaggi vocali, intrecciate poi a documenti di archivio, riferimenti storici e letterari, archivi personali, osservazioni mie. Per me, è più naturale di una ricerca giornalistica classica, perché mi è sempre piaciuto porre grandi domande filosofiche. Adoro anche i messaggi vocali, perché offrono più tempo per riflettere di un’intervista classica, in cui una persona deve rispondere subito. Quando qualcuno registra un vocale è un po’ flusso di coscienza, un po’ una confessione, un po’ il divanetto dell’analista. E poi direi che questo modo di raccontare è naturale per me, perché è il tipo di associazione libera con cui ragiono io di solito. Da un’osservazione di un amico mi viene in mente qualcosa che ho letto anni prima o lo associo ad un fatto di cronaca recente, e vedo delle correlazioni, dei punti che si possono unire a formare una trama più o meno probabile che poi a volte, in momenti di grazia, sembra avere un senso più grande della somma delle parti. Così viene l’idea per un libro, un saggio, un video… qualsiasi
avventura creativa
Sesso, religione, droghe, quanti luoghi comuni sull’America il suo libro ci aiuta a sfatare – a proposito di questi temi?
Molti spero! L’Italia ha una visione molto manichea degli Stati Uniti, molto bianco e nero. Paradossalmente è quasi una visione hollywoodiana dell’America. I buoni di là e i cattivi di qua. La politica estrema di Trump, le sparatorie e l’obesità da una parte. E i film, la musica, i grattacieli scintillanti dall’altra. Ma gli Stati Uniti sono molto più complessi e variegati, complicati e affascinanti. Spero che leggendo questo libro si possa creare l’immagine di una realtà più densa e meno tagliata con l’accetta, e anche più entusiasmante nel suo spirito.
Ci sono poi realtà americane poco conosciute in Italia che il suo libro introduce , facendo riferimento ai suoi reportage.. Quali ad esempio?
Le rane e i rospi allucinogeni? Che si inalano o si applicano sulle bruciature? Oppure i giocatori di LARP, gli sciamani di Brooklyn… E poi la Louisiana dei Cajun e la tigre del campus universitario di Baton Rouge. O più seriamente, l’epidemia di oppiacei o il problema delle armi. Spero di portarvi con me in un viaggio in questo paese che non è certo bello come l’Italia, ma che vale decisamente almeno un bel giro in giostra.
Grazie,
Antonella Summa