È INIZIATA LA STAGIONE della fine. Con un’enorme frattura che percorre l’Immoto, l’unico continente del pianeta, da parte a parte, una faglia che sputa tanta cenere da oscurare il cielo per anni. O secoli. Comincia con la morte, con un figlio assassinato e una figlia scomparsa. Comincia con il tradimento e con ferite a lungo sopite che tornano a pulsare.
L’Immoto è da sempre abituato alle catastrofi, alle terribili Quinte Stagioni che ne sconquassano periodicamente le viscere provocando sismi e sconvolgimenti climatici. Quelle Stagioni che gli orogeni sono in grado di prevedere, controllare, provocare. Per questo sono temuti e odiati più della lunga e fredda notte; per questo vengono perseguitati, nascosti, uccisi; o, se sono fortunati, sono presi fin da piccoli e messi sotto la tutela di un Custode, nel Fulcro, e costretti a usare il loro potere per il bene del mondo.
È in questa terra spezzata che si trovano a vivere Damaya, Essun e Syenite, tre orogene legate da un unico destino.
La Quinta Stagione è un inverno lunghissimo: dura decenni, anzi centinaia di anni, a volte migliaia, ed è causato da sismi apocalittici che radono al suolo intere civiltà. Le com, le comunità di abitanti che abitano il mondo fantastico inventato da N.K. Jemisin, si descrivono enumerando il numero di Stagioni cui sono sopravvissute. Sulla Terra inventata da Jemisin vivono gli Immoti (gli esseri umani) e altre razze: i misteriosi Mangiapietra e gli Orogeni.
Una lingua nuova per descrivere un sentire diverso
Protagonisti del romanzo gli Orogeni, riescono a sensire (non è un refuso!) la Terra e a prevederne i terremoti, i movimenti tellurici, lo spostamento delle placche. Gli Orogeni possono quietare la terra e silenziare i terremoti, ma non sono benvoluti. Infatti il loro legame con la terra funziona anche al contrario: possono scatenare un terremoto e radere al suolo intere civiltà. Sono temuti e disprezzati: li chiamano, in modo dispregiativo, rogga (…e non suona un po’ come nigga?Andate avanti e capirete). La vita di un Orogeno non è libera, né giusta: sono temuti e odiati. Sono perseguitati, nascosti, uccisi; o, se sono fortunati, sono presi fin da piccoli e messi sotto la tutela di un Custode, nel Fulcro, e costretti a usare il loro potere per il bene del mondo.

Damaya, una bambina, Syenite una giovane donna e Essun, una vedova, hanno la pelle nera dei rogga e sono impegnate nella lotta alla sopravvivenza e, allo stesso tempo, nella costruzione della propria vita a discapito di chi cerca di renderle schiave. La Terra Spezzata, il primo volume della trilogia, è dedicata “a quanti devono combattere per ottenere quel rispetto che agli altri è garantito” e le donne protagoniste sono delle combattenti nate, forse come l’autrice, Nora Jemisin, donna, afroamericana e attivista politica interessata ai temi sia del cambiamento climatico sia dell’uguaglianza razziale. Insieme alle controparti maschili – il misterioso Alabaster, l’imperscrutabile Hoa, l’indeciso Tonkee lottano in un mondo squassato da siccità e carestie, mentre misteriosi obelischi solcano i cieli e strane creature escono dalla terra mangiando pietre e uccidendo senza pietà.
Dopo le prime cinquanta pagine di spaesamento ho amato la scelta dell’autrice di utilizzare un linguaggio particolare: com, Orogeno, sensire, la Legge Stagionale, i Kirkhusa, le Midlat. Le parole scelte evocano la potenza delle faglie squassate dai terremoti, suonano a volte come monito – una bevanda si chiama Innocua – a volte rimandano ad aspetti del nostro mondo – rogga, ricorda nigga – di un’attualità disarmante.
Il linguaggio è rock, l’ho amato molto. Posso aggiungere che la traduzione è fatta da Alba Mantovani, traduttrice di grande
esperienza e sensibilità linguistica, che conosco personalmente perché abbiamo insegnato nel Master di II livello di Professione Editoria dell’Università Cattolica di Milano.
Il potere della community
L’autrice, già nota ai lettori, è donna, afroamericana e attivista politica interessata ai temi sia del cambiamento climatico sia dell’uguaglianza razziale. Mi è piaciuta la nota di ringraziamenti finale a cura dell’autrice dove racconta un orribile momento in cui dubitava fortemente dell’opera: “cancellate questo disastro delirante!” scrive “Hackerate Dropbox per eliminare ogni copia!” aggiunge e ringrazia tutti coloro che l’hanno, invece, supportata a continuare la scrittura della Quinta Stagione.
Noi donne siamo maestre nell’auto-sabotaggio (anche quando stiamo scrivendo una Trilogia che ha vinto 3 premi Hugo!) ma nel suo caso, e nel caso di quasi tutte noi, basta far parte di un gruppo che quando stai per mollare ti invita a non farlo, per portare a termine i propri sogni.
Oggi il fantasy è un fenomeno culturale di grande moda e coinvolge milioni di persone nel mondo. Basti pensare che ai fenomeni che negli ultimi venti anni hanno dominato il nostro immaginario: da Harry Potter a Hunger Games, alla trilogia di Veronica Roth, Divergent, a Twilight, Shadowhunters e le numerose serie di vampiri, ai remake e sequel di Star Wars. Jemins con la trilogia de La quinta stagione diventa una scrittrice nota a livello mondiale, entrando di diritto nell’olimpo dei più grandi scrittori fantasy viventi.
Alla prossima recensione,
Alessandra