Incontrare un libro è incontrare una parte di sè stessi
Non ricordo dove incontrato questo libro e quando e perché l’ho inserito in wishlist ma fatto sta che mi è arrivato come regalo di Natale, pescato da una delle mie liste di libri desiderati, pubblicata su Amazon (sei sei curioso: la mia wishlist) I libri si incontrano sempre al momento giusto.
Per me era arrivato il momento di leggere questo grazioso libro in cui Bear Heart (Cuore d’Orso), racconta la sua vita nella tribù Muskogee, che viveva lungo i corsi d’acqua che oggi sono compresi tra gli stati della Georgia e dell’Alabama, conosciuta anche come Creek.
Il messaggio di Bear Heart è al tempo stesso mistico e pratico, ci fa capire come valga davvero la pena vivere per qualcosa, per un ideale, per un cammino di fede.
Come spiega il racconto della vita straordinaria di Bear Heart, ci sono persone che hanno una certa sensibilità per leggere il mondo e, grazie a questa qualità, si mettono a servizio dell’umanità. Grazie agli insegnamenti contenuti in questo libro si può smettere di giudicare se stessi solo in base ai propri successi, al possesso di beni materiali, e alla propria capacità di competere con altri, abbracciando finalmente la pace.
Il racconto di una vita straordinaria
Bear Heart ha vissuto una vita straordinaria, fatta anche di eventi davvero dolorosi, ma così facendo ci offre la sua testimonianza di una vita vissuta tanto intensamente da far sì che la semplice lettura di questo libro possa trasformare le persone, ispirandole a volgersi verso valori autentici e genuini.
Nella prima parte del libro, intitolata iniziazione, racconta l’infanzia e la prima giovinezza di Bear Heart. Verso i venti anni da una parte vive come un comune ragazzo americano che studia all’università, passa del tempo con i suoi amici e la sua famiglia di nativi americani, dall’altra si prepara a diventare sciamano a servizio della comunità, capace di collegare e far dialogare tra loro il mondo del cielo, della terra. Il suo apprendistato da sciamano dura quasi quattordici anni (alla faccia di quelli che diventano operatori olistici con un corso online di poche settimane)
Sotto la guida di due anziani maestri si fa una formazione a tutto tondo: impara non solo a curare malattie attraverso l’uso delle erbe medicinali e degli strumenti rituali, come alcuni canti sacri, la ritualità della sacra pipa ma soprattutto apprende come comportarsi con gli altri, sia amici e famigliari, sia in senso allargato, con tutta la sua comunità per diventare un modello super partes, capace di dare giudizi imparziali per il bene di tutti.
Nel libro Cuore d’orso condivide con noi alcuni degli insegnamenti ricevuti: “la nostra gente è molto paziente. Quando pensavo che i miei insegnanti si fossero dimenticati di me mi facevano sapere che volevano vedermi. Non studiavo con loro tutti i giorni, potevano passare una settimana o due, o un mese, tra un incontro e l’altro. In questo modo avevo tempo di assimilare quanto avevo appreso prima di passare al passo successivo.”
Uno dei miei insegnanti mi diceva: “Una cosa è vivere molto a lungo, un’altra è imparare qualcosa durante quest’arco di tempo. Ti è stato dato il dono della vita, fai in modo di non diventare solo un vecchio, impara qualcosa”.
Ma, Cuore d’Orso è anche marito, padre e figlio. Nel libro racconta aneddoti legati alla vita in casa con la madre – che lo partorisce ultraquarantenne, già vicina alla menopausa, dopo altri fratelli, e perciò lo lasciando molto libero – con il figlio ucciso in guerra e a cui è dedicato il libro, la comunità dei Creek e la comunità dell’uomo bianco. Il libro è dedicato a suo figlio, morto in guerra nel 1964,.
In un certo senso, il libro, scritto Si sente che l’epoca storica non è la nostra – Bear Heart è nato nel 1938 e morto a 90 anni nel 2008 – ma la connessione spirituale degli indiani d’America con la natura e la particolare visione del mondo basata sulla fratellanza, il rispetto della natura e il rispetto degli altri esseri umani, sono valori eterni e questo libro è capace di parlare al nostro cuore ancora oggi.

Il rispetto dell’ambiente
In particolare trovo che la spiegazione della filosofia di vita dei nativi americani sia quanto mai attuale: oggi che la paura del riscaldamento globale è diffusa e permea molte decisioni personali e politiche, locali e globali, questa lettura ha ancora molto da insegnare.
Molto tempo fa il nostro popolo ha riconosciuto la presenza della vita in ogni cosa che ci circonda: nell’acqua, nella terra e nella vegetazione.
A un certo punto del libro racconta che il popolo pellerossa ha imparato a fare profezie guardando l’ambiente che la circondava. per capire il tipo di clima che stava per arrivare bisognava prestare attenzione alla terra, al cielo e ai movimenti del vento. “Eravamo così sensibili all’ambiente esterno che riuscivamo praticamente a sentire l’odore della pioggia e della neve prima che arrivassero le nuvole”. Oggi la capacità di capire i cambiamenti del tempo non è solo disturbata dall’inquinamento ma anche dalla nostra scarsa attenzione al mondo in cui viviamo, non si può imparare a leggere la natura stando in salotto o con gli occhi attaccati al cellulare, bisogna vivere a contatto con la terra per capirla, e questo si è perso.
Le relazioni con gli altri come fonte autentica di gioia
All’inizio del libro racconta de “la pista delle lacrime” ossia il trasferimento forzato delle tribù native dal loro territorio natale alle riserve in cui vennero confinati dopo la legge firmata nel 1832 dal presidente Jackson. Le tribù vennero scortate dall’esercito, dovevano camminare a piedi, in una lunga marcia forzata, se qualcuno rifiutava di andarsene i soldati strappavano un neonato dalle braccia della madre gli fracassavano la testa contro un albero e minacciavano di far fare la stessa fine a tutti i neonati. Quando qualche anziano cadeva stremato dopo la lunga marcia, lo ammazzavano e non lasciavano il tempo per seppellirlo.
La pista delle lacrime è solo uno degli esempi di quello che ha dovuto sopportare il popolo dei nativi. Nonostante ciò, ancora oggi, nelle cerimonie rituali i nativi pregano per il bene di tutta l’umanità. Come è possibile, con alle spalle un tale orrore, che esprimano tanto amore? Alcune persone tendono a dare più ascolto alle regole che al loro cuore, che è la cosa più importante, afferma Bear Heart. “Quando la nostra gente pregava non lo faceva solo per se stessa,” pregavano per i bambini che stavano crescendo e per i bambini che non erano ancora nati. La relazione con gli altri era un modo di guardare al futuro, di seminare cose buone che sarebbero state raccolte da altri. Secondo questa cultura ciò che ci fa andare avanti sono le relazioni di amore e affetto con gli altri.
Una curiosità
Il libro in italiano si intitola Il vento è mia madre, perché la madre del protagonista fa parte della tribù del vento. Mentre la nuova edizione in lingua inglese, appena uscita a gennaio 2022, si intitola L’orso è mio padre, (The Bear is My Father: Indigenous Wisdom of a Muscogee Creek Caretaker of Sacred Ways) perché il padre appartiene al clan dell’orso. Ho trovato molto divertente il nostro sbilanciamento sulla figura della madre e trovo il titolo italiano più poetico e adatto al contenuto.
Ho anche notato che se oggi dovessimo ripubblicare questo libro dovremmo togliere la parola pellerossa dal titolo e dal testo interno, in quanto oggi non è più socialmente accettabile identificare e categorizzare un individuo per il suo colore della pelle.
Alla prossima,
Alessandra