“Come seguendo una premonizione, Fernanda Trías ha costruito una distopia che oggi ricorda più che mai il presente.”
Latin American Literature Today
Libri belli è una rubrica nata dall’idea di condividere ciò che piace e colpisce dei libri che ci riempiono il nostro tempo libero. Sono quei libri che regalano parole e pensieri che non sapevamo coltivare, ma che sappiamo riconoscere attraverso la lettura di altri testi. È un gioco di rifrazioni e stravolgimenti, è un’illuminazione che consola e affascina. Perché la lettura è un processo che ci attraversa e ci costringe a ripensare visioni simili con parole diverse. Alessandra mi ha chiesto di parlare di Libri belli e Melma rosa è uno dei libri più intensi che abbia concluso di recente.

In una città portuale devastata da una peste misteriosa, una donna tenta di capire perché il suo mondo sta crollando. Un vento tossico avvelena le strade e costringe a chiudersi in casa o a fuggire, i supermercati si svuotano e la melma rosa prodotta con scarti animali è ormai l’unico alimento reperibile, ma c’è dell’altro: il collasso di tutti i suoi legami affettivi, l’incertezza, il peso dei ricordi. Mentre mette insieme i risparmi con l’idea di partire per il Brasile, la protagonista si muove fra la madre, a cui da sempre la lega un rapporto fortissimo ma conflittuale; Max, l’amore che non riesce a dimenticare, ora ricoverato dopo il contagio; e Mauro, il ragazzino di cui si prende cura, afflitto da una fame insaziabile. Partire equivale a salvarsi, eppure farlo senza di loro è impossibile.
Scritto prima della pandemia, con tratti da romanzo distopico, Melma rosa racconta oggi il nostro tempo con inquietante precisione e una scrittura cristallina e magnetica. Fernanda Trías ha la grande dote di trovare bellezza anche nel caos, grazie a una scrittura luminosa e immagini potenti: in questa storia mette a nudo la schizofrenia di una società sempre più simile alla nostra e la fragilità dei rapporti umani, l’unica cosa che conta quando si è sull’orlo dell’abisso.
Fonte: https://www.edizionisur.it/catalogo/paese/uruguay/melma-rosa/
Siamo in Uruguay. Una città portuale è spazzata da un misterioso vento rosso che assedia i suoi abitanti. Sotto quel vento, a poco a poco i legami si spezzano, e potranno tornare a compiersi solo attraverso la magia del linguaggio. Il linguaggio è ancora una volta il protagonista di un romanzo che sarebbe limitante solo voler definire come distopico o postmoderno. Qui il linguaggio è una patina gelatinosa dalla quale Fernanda Trías estrapola metafore legate alla dimensione alimentare, che rimandano allo sfruttamento dei polli e alla confusione incassante dei mezzi di comunicazione, ricordando il cortocircuito mediatico che lo scoppio dell’epidemia ha causato negli scorsi anni, a partire dalle parole da utilizzare alle modalità e i canali attraverso cui tenere informati i cittadini.
In questo caso, la melma rosa è un prodotto di scarto che viene servito sulle tavole per poter essere consumato da ignari cittadini che in realtà sono in grado di custodire ancora le loro capacità di linguaggio. Attraverso il linguaggio, passa il vento di una nuova forma di resistenza, sembra ricordarci Trías, dal momento che il linguaggio ha il potere di trasfigurare quasi ogni momento della nostra vita, a saperlo conoscerlo bene.
«Con il tempo, al pari della Peste di Camus e Cecità di Saramago, Melma rosa diventerà un libro indispensabile per capire quello che ci è successo in questi anni».
El País
Per buona parte del romanzo, la protagonista si lascia coinvolgere nei suoi ricordi più intimi, per posizionarsi
in maniera ambigua e irrisolta nei confronti delle sue intenzioni di emigrare in Brasile. Le sue intenzioni restano vaghe e possibiliste e la stessa vaghezza sfuma i propositi della giovane, che non riesce a disfarsi del rapporto conflittuale con la madre, né a cambiare il suo modo di amare il compagno Max, ricoverato in ospedale dopo il contagio. Perché l’amore può diventare una malattia se si ostina a voler cambiare l’Altro senza ascoltare e comprendere. La protagonista preferisce così riversare le sue cure verso Mauro, un bambino affetto da una sindrome che lo porta a ingurgitare il cibo di fronte a lui in maniera compulsiva, perché qualsiasi forma di interesse distoglie dall’ossessione dell’amore.
Non è semplice descrivere il tempo della reclusione, perché se c’era qualcosa che lo caratterizzava era una sensazione di non tempo. Vivevamo in un’attesa che non era nemmeno l’attesa di qualcosa di concreto. Aspettavamo. Ma in realtà aspettavamo che non succedesse niente, perché ogni cambiamento poteva essere peggio. Finché tutto fosse rimasto fermo, io potevo trattenermi nel non tempo della memoria.
Melma Rosa
Nei romanzi argentini e più in generale dell’America latina, è difficile tracciare una linea che segni il confine fra l’allegoria e la trasfigurazione del reale. Qui si intravvede, attraverso il linguaggio, una realtà sociale sempre più sfilacciata e rapporti umani più estenuanti da riannodare, che solo la certezza della bellezza può risvegliare.
Trías conduce il lettore in un universo nel quale il realismo magico e la realtà per com’è si fondono, sfruttando il ricorso a incursioni oniriche e a flussi di coscienza, con grande limpidezza e lirismo.
Anna Quatraro
Da un discorso dell’autrice:
“Se ogni generazione pensa la propria apocalisse, io appartengo alla generazione che sta vivendo il terrore climatico. Un terrore che assume la forma confusa di un punto nel tempo oltre il quale non ci sarà ritorno. Per evitare il peggio, le emissioni mondiali di diossido di carbonio dovranno ridursi del 45% prima del 2030, e al momento gli impegni assunti dai vari paesi sono sufficienti a diminuirle solo dell’1%. Stando così le cose, si stima che in meno di ottant’anni il 75% delle regioni oggi abitate saranno ridotte a ricettacoli di malattie letali. Da qui a immaginare migrazioni di massa, crisi di rifugiati, scarsità di alimenti e città svuotate non c’è che un passo. Il tic tac di quell’orologio è assordante.
Il mondo distopico di Melma rosa in pochi mesi è passato da esistere solo nella mia immaginazione a essere raggiunto dalla realtà: mascherine, ospedali al collasso, isolamento volontario e obbligatorio, fake news, controllo sanitario e statale, paura, confusione, negazionismo, corpi ammucchiati sui camion, morti come cifre.2
L’autrice:
Fernanda Trías (Montevideo, 1976) è scrittrice, traduttrice e docente di scrittura creativa. È autrice della raccolta di racconti No soñarás flores e dei romanzi La azotea e La ciudad invencible. La pubblicazione di Melma rosa, accolto stupendamente dalla critica e dei lettori e opzionato per la trasposizione cinematografica, l’ha consacrata come una delle migliori autrici della sua generazione. La sua opera è in corso di traduzione in inglese, francese, danese, svedese, portoghese e italiano.
Premi e riconoscimenti:
Dal giorno dell’uscita in lingua originale, a ottobre 2020, Melma rosa è stato accolto con successo sia dalla critica sia dai lettori, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti: a fine 2020 è stato infatti selezionato tra i dieci migliori libri in lingua spagnola dal New York Times, mentre nel 2021 ha ottenuto il Premio Bartolomé Hidalgo, in passato concesso a colossi come Eduardo Galeano e Mario Benedetti, il Premio Sor Juana Inés de la Cruz in Messico – vinto, tra le altre autrici, da Camila Sosa Villada – e infine il Premio Nazionale uruguayano. Il romanzo è già uscito, oppure è in corso di traduzione, in inglese, francese, danese, svedese, portoghese e italiano.