La nascita di questo post, un curtigghio* 

Antefatto: vorrei fare un regalo ad una amica che diventerà madre ad agosto:  lei mi ha consigliato di comprarlo su un sito web. Io ho chiesto aiuto su Twitter.

Fatto:  Sono diventata intollerante ai bambini piccoli da quando sono invecchiata. Quella Magra obietterà  “non scrivere che siamo vecchie, perché non è vero e poi non mi ci sento”. Riformulo: ad un certo punto  succede che tutte le donne che ti circondano, amiche, conoscenti, colleghe, perfino le sconosciute vicine di posto sul bus, iniziano a parlare di figli.

Alcune perché li vorrebbero e non li hanno (le Addolorate), alcune non li vorrebbero (Le Difensive, chiamate anche le Egoiste), alcune ne parlano perché li hanno (Le Mamme, le riconoscete perché scrivono “sono felicemente mamma” nella bio di Twitter), altre ne parlano perché li allevano (Le Nonne). Le stesse donne con cui si poteva parlare di tutto oggi raccontano – det-ta-glia-ta-men-te – delle pappe (sane) che preparano, del sonno che hanno, di vaccini, di quanto vorrebbero dormire, dei dentini, di quanto manchi loro dormire. Argomenti plausibili, sopportabili. Ciò che mi irrita è sentire dettagli ginecologici quali “placenta verde”, “prolasso vaginale” alle 8,30 del mattino mentre cerco di bere il primo caffè della giornata. La mia irritazione è ormai allo stadio cronico, come si può verificare dalla conversazione Twitter qui riportata.

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So che combattere contro le giovani madri è una battaglia persa, e in fondo, le mamme ci piacciono così: rompiscatole.

Vorrei consigliare loro di leggere il libro Le Rane, di Mo Yan, un cinese che ha vinto il premio Nobel e che da alcuni è considerato il narratore cinese vivente più importante. (altri invece lo accusano di essere un sottomesso al regime incapace di descrivere una reale protesta) 

Attraverso le parole di chi sa davvero scrivere di libri, eccovi una descrizione del romanzo: “Epopea tragicomica e sofferto inno alla maternità, Le rane è un accorato libro di denuncia, all’interno di una scelta politica imposta dall’alto che la la Cina ha dovuto e deve sopportare suo malgrado. E Mo Yan, in tutti i suoi libri, ha un atteggiamento critico palese.” (leggi tutto l’articolo)

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Io sono solo una lettrice e non ho studiato critica letteraria. Le Rane per me assomiglia a quelle fotografie composte da tante altre piccole fotografie,che vanno a comporre un unico mosaico. L’autore descrive un susseguirsi di micro narrazioni  – come le mamme! proprio come le mamme!- e compone un immaginario su un mondo, la Cina degli anni ’60, fondendo racconti popolari, storia e contemporaneità.

5 motivi per cui consiglio questo libro alle mamme 

  • La protagonista è una ginecologa che ha fatto nascere migliaia di bambini.
  • I protagonisti sono i bambini.
  • I protagonisti sono bambini nati (nella prima parte del libro) e che non nascono (nella seconda parte del libro).
  • Lo spunto da cui nasce il libro è autobiografico: l’autore aveva una zia che faceva davvero la ginecologa
  • Leggere un libro vi farà bene perché finalmente parlerete di qualcosa di diverso da quello di cui parlate e forse smetterete di annoiare tutti quelli che vi stanno intorn E’ un bel libro,anche se non è Tata Lucia.

Un’eresia: Mo Yan scrive come Melania Mazzucco.

Un estratto

– Le rane non sono poi cosí spaventose, hanno anche degli antenati in comune con gli uomini, – mi rispose. – I girini somigliano agli spermatozoi e tra gli ovuli umani e le uova di rana non c’è alcuna differenza. Hai mai visto un feto di tre mesi mummificato? Ha la coda, come una rana al momento della metamorfosi.
La guardai sempre piú sconvolto.
Continuò la spiegazione come se recitasse a memoria: – Perché rana e neonato hanno lo stesso suono, «wa»? Perché il vagito di un bambino appena uscito dalla pancia della madre assomiglia moltissimo al gracidare di una rana? Perché molte figurine dei bambini di creta tengono una rana in braccio? Perché la progenitrice dell’umanità si chiama Nüwa? Hanno lo stesso suono, ciò significa che la nostra antenata era una rana, che gli uomini discendono dalle rane e che la teoria che veniamo dalle scimmie è totalmente sbagliata.

*curtigghio: pettegolezzo in palermitano. Me l’ha insegnato Valentina. 

Alessandra Pagani si occupa di progettazione, coordinamento, supervisione e realizzazione di contenuti e progetti didattici, sia cartacei sia digitali, per l’università e la formazione accademica. Ha lavorato dal 2008 al 2020 per l’editore McGraw-Hill Education. Da gennaio 2021 è l’editor della collana Trattati e Manuali di Vita e Pensiero Editrice, casa editrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dal 2016 al 2021 ha insegnato il proprio lavoro al master Professione editoria cartacea e digitale e al master Booktelling comunicare e vendere contenuti editoriali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È autrice di Manuale di editoria universitaria, Progettare contenuti per l’apprendimento, Editrice Bibliografica, 2020. Coordina le attività di promozione alla lettura del sito www.unalettrice.org, come Geranio, il gruppo di lettura mensile e virtuale. È autrice del podcast Voci dall’Italia, podcast nato durante il primo lockdown di marzo 2020 come proposta di Simona Scravaglieri e del gruppo di lettura Casa Sirio editore e andato in onda ogni giorno per cento giorni. Dal 2020 al 2021 ha scritto e condotto Stranger Books, programma radiofonico di libri, tecnologia e didattica su RadioActiva.

No Comments

  1. Pofferbacco, però Gloria mi poteva pure avvisare. Avrei potuto testimoniarvi che esistono pure delle eccezioni e, da madre quale sono, aggiornare (con maggiore e motivata ferocia, permettetemi) il bestiario. Avere avuto un figlio tre anni fa, almeno nel mio caso, non ha annullato il mio esse donna. Non lo fotografo, parlo poco di lui nel blog (vabbè, scrivo pure di meno ma in compenso leggo molto di più, evviva), vivo la mia vita sapendo che prima di quanto io creda anche lui avrà la sua. Sarà anche perché sono lontana dall’Italia, e qui le madri hanno un atteggiamento più pragmatico, chissà.

    • L.

    • 10 anni ago

    La figlia del signor L. detesta le rane, si vede che vuole esserci solo lei 🙂

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