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Anche quest’anno sono stata invitata da Manuela a partecipare al Calendario dell’Avvento Letterario 2016. insieme ad altre 23 blogger letterarie. Dal 1 al 24 dicembre ogni giorno una blogger apre una casella raccontando in un libro a tema natalizio. Oggi, 15 dicembre, tocca a me. Qui sotto il mio pezzo, partendo da un libro vi racconto cosa significa il Natale per chi vive lontano da casa. Nel mio blog ho aggiunto di alcune foto del falò di San Geminiano, Pontremoli, Lunigiana che rappresentano la mia lontananza dalla famiglia per Natale. (non solo le persone del sud soffrono di malinconia natalizia!)

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Natale è vicino, ormai. E cosa facciamo noi, gli italiani, a Natale? Torniamo a casa. Qualcuno parte dal nord Europa e scende. Altri partono dal centro e scendono. Alcuni partono da Milano e scendono. Alcuni tornando a casa, salgono. Altri si diramano a est, a ovest. A Natale, torniamo a casa. Cerchiamo di condensare in pochi giorni il desiderio di semplicità, la ricerca della quotidianità, le tradizioni ritrovate, gli echi delle nostre memorie di bambini. Il Natale, in Italia, è la festa del ritorno a casa.

“Seduti di fronte ad un grande falò acceso nella notte di Natale, sul sagrato della chiesa di un paesino italo-albanese della Calabria, un padre e un figlio, ormai pronto a bere la sua prima birra, rievocano le storie della loro famiglia. Sembra che tutto nasca da quel fuoco crepitante e dallo sciame di scintille sollevate dal vento notturno” scrive il critico Alfonso Berardinelli a proposito de La festa del ritorno, romanzo di Carmine Abate, vincitore del Premio Campiello nel 2004.  La festa e il suo enorme falò rosso fuoco sono solo una cornice, un pretesto per raccontare le vicende di una famiglia come tante.
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Il padre racconta a Marco della vecchia e nuova famiglia, del primo e secondo lavoro in Francia, della sofferta condizione di emigrante; Marco dice al padre della sua vita,  giunta fino a tredici anni senza la presenza del genitore tranne che per brevi periodi, della festa che i ritorni a casa del padre dalla Francia avevano rappresentato per lui, dei suoi studi, delle loro escursioni nel bosco vicino al paese, delle battute di caccia. È un ritorno reale, che lo scrittore ha vissuto mille volte nella sua vita. In una vecchia intervista, Carmine Abate racconta:

“L’origine di questa storia è fortemente autobiografica. Il padre emigrato de «La festa del ritorno» è mio padre emigrato. Da bambino ho vissuto il ritorno di mio padre a casa come un evento straordinario; mi ricordo che i suoi ritorni mi riempivano di gioia, sentivo di avere finalmente un padre in carne ed ossa e non un padre di carta e matita, quello delle lettere che arrivavano continuamente a casa. E cambiavo radicalmente quando tornava mio padre. Diventavo sicuro di me accanto a questo padre che, in qualche modo, proteggeva la famiglia e che ti insegnava tante cose, piccole e belle, come per esempio giocare a carte oppure i nomi delle piante quando andavamo in campagna o a sparare con il fucile da caccia. Eppure sapevo dentro di me che prima o poi mio padre sarebbe ripartito. Mi ricordo, e me lo hanno confermato i miei parenti, che quando mio padre ripartiva diventavo feroce. Non lo lasciavo partire, mi aggrappavo alle sue gambe e mi dovevano prendere di forza perché non riuscivano a staccarmi da lui. Il ritorno di mio padre di allora fa il paio con i miei ritorni di oggi al mio paese d’origine, ritorni gioiosi, felici, in cui coinvolgo la famiglie e, da qualche anno, l’intera comunità perché con un gruppo di amici organizziamo ogni anno una festa del ritorno, nel mese di luglio o agosto, quando c’è il maggior numero di emigrati di ritorno dalla Germania”

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“Se c’è una cosa che mi manca lassù, a parte la mia famiglia, è questa caloria gorgogliante dal fuoco e dalla gente: te la senti fuori e dentro, ti riscalda la vita.” (p.37)

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Il libro è scritto mescolando italiano e arbëreshe, in un lessico famigliare che arriva al cuore anche di chi non conosce l’albanese antico, parlato in Italia fin dalla fine del 400 da quasi centomila persone che vivono nei paesi arroccati intorno a Piana degli Albanesi, in Calabria.  Raccontando una storia dove i protagonisti provengono da una terra che ha una connotazione linguistica e culturale molto forte (quella degli arbëreshe), Carmine Abate offre una voce a uno dei popoli che compongono l’Italia. E ci rimanda l’eco di un canto corale, non ancora scritto, con la storia di un’Italia, formata da mille popoli, ognuno minoranza a suo modo, legati ognuno alle proprie tradizioni, al proprio lessico famigliare, che emigrano, dal sud a nord del mondo, e che sono tutti accomunati dalla lontananza dagli affetti, dalla famiglia spezzata dalla necessità, dalla festa del ritorno a casa.

È quasi Natale. E con chi stanno, gli italiani, a Natale? Con la famiglia. Nel romanzo, padre e figlio custodiscono un segreto e poiché nessuno osa confidarlo questo rimarrà tale per molta parte della conversazione. Si tratta di Elisa, figlia per uno e sorella per l’altro.  La vicenda di Elisa, che si scopre nelle ultime pagine, con il suo strano comportamento in casa, avevano per molto tempo turbato i pensieri dei genitori, guastato l’atmosfera famigliare, comportato gravi disagi e pericoli per il padre, coinvolto il fratello; erano divenuti prima il problema della casa ora il ricordo che più d’ogni altro univa i narratori.  Le feste di Natale sono spesso un momento triste e malinconico dove in famiglia si ricorda chi non c’è più e la solitudine e la nostalgia pesano più del solito. Si tende l’orecchio e non si sente più la voce così nota, si indugia con lo sguardo intorno al tavolo, alla ricerca delle assenze, dei vuoti del cuore. Ma alla fine del romanzo e dei loro discorsi padre e figlio si accorgono che è scoccata la mezzanotte, che la festa si è animata maggiormente. Festeggiano con la gioia di chi ha superato un pericolo e spera in un futuro migliore. È Natale.

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Alessandra Pagani si occupa di progettazione, coordinamento, supervisione e realizzazione di contenuti e progetti didattici, sia cartacei sia digitali, per l’università e la formazione accademica. Ha lavorato dal 2008 al 2020 per l’editore McGraw-Hill Education. Da gennaio 2021 è l’editor della collana Trattati e Manuali di Vita e Pensiero Editrice, casa editrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dal 2016 al 2021 ha insegnato il proprio lavoro al master Professione editoria cartacea e digitale e al master Booktelling comunicare e vendere contenuti editoriali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È autrice di Manuale di editoria universitaria, Progettare contenuti per l’apprendimento, Editrice Bibliografica, 2020. Coordina le attività di promozione alla lettura del sito www.unalettrice.org, come Geranio, il gruppo di lettura mensile e virtuale. È autrice del podcast Voci dall’Italia, podcast nato durante il primo lockdown di marzo 2020 come proposta di Simona Scravaglieri e del gruppo di lettura Casa Sirio editore e andato in onda ogni giorno per cento giorni. Dal 2020 al 2021 ha scritto e condotto Stranger Books, programma radiofonico di libri, tecnologia e didattica su RadioActiva.

One Comment

  1. Tutto incantevole Ale, grazie ❤️

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