«Uno di noi era spacciato fin dall’inizio. Era o lei o io. Nella furia divoratrice chiamata amore, avevo trovato la mia pari.»
Tu l’hai detto (Iporbera, 2018) di Connie Palmen è una lunga disamina del rapporto coniugale fra il poeta Ted Hughes e Sylvia Plath, nella quale si ha l’occasione di considerare con lucidità la scia di catastrofi che ha funestato la sua vita. Delle vicende della poetessa americana, la scrittrice indaga l’attaccamento ossessivo nei confronti di un’immagine di sé profondamente falsata dalle aspettative della madre Aurelia, che in ogni modo cercherà di distogliere la figlia dal matrimonio con Ted orientandola verso un matrimonio più convenzionale e un impiego più modesto come dattilografa.
L’immaginazione di Sylvia è però un fuoco sacro, contro il quale in un primo momento combatte, cercando di mantenere le distanze da ciò che è oscuro, violento, e ambiguo.

Sylvia e Ted bruciano subito le tappe: si sposano ben presto, di nascosto da tutti, o quasi (sarà presente solo la madre di Sylvia, Aurelia). Vivono di poesia, si incoraggiano, si spronano, si criticano, si danno suggerimenti. Sylvia batte e ribatte a macchina le poesie di Ted, le invia anche in America certa del suo talento. Ted deve combattere anche con i fantasmi della donna, perché Sylvia è tormentata da una presenza fissa, quella di suo padre morto troppo presto, lasciandole una voragine nel petto, quella di sua madre, presenza a volte troppo ingombrante nella sua vita, nella sua formazione.
Prima di diventare una delle principali esponenti della poesia confessionale, Sylvia è una donna dotata di senso dell’umorismo, di premura e di una timidezza lunare. Vittima di una profonda infelicità esistenziale, si contrappone con ritrosia alle attenzioni di Ted cerca di liberarla dal giogo delle responsabilità assolute che ella si impone nei confronti della madre, dei circoli di poesia e soprattutto di sé stessa. Dopo il suicidio, Sylvia Plath è stata eletta a icona dal femminismo, che ha letto nei suoi versi una forma di adorazione e sottomissione ambigua prima nei confronti del padre e poi di Ted. Il poeta era, in realtà, molto più concentrato su un benessere familiare che riguardasse anche lei, e non la vedesse schiacciata nel ruolo della brava mogliettina americana che sua madre le aveva insegnato.
Il tempo della terapia, per Sylvia, diventa una parentesi di serenità, che sente di non meritare, nella quale qualcuno si prenda cura della bambina che ancora abita in lei e rischiari, grazie nel guardarsi dentro, il suo animo.
Connie Palmen dà una lettura illuminante dei conflitti fra i due coniugi e del tentativo da parte di Ted di proteggere la piccola Frieda e Nicholas Hughes dagli strascichi del suicidio della madre e dalla mole di pettegolezzi e analisi che sono riservate a Ted, superstite e testimone di fronte alla ricerca della verità post-mortem. All’indomani della tragedia, Ted cerca un riscatto sentimentale nelle braccia di Lilith, donna che imiterà il gesto di Sylvia, portando con sé anche la figlia Saura.
“Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo, che si distruggono al primo bacio.
Palmen ricostruisce il percorso di eventi che hanno portato Sylvia e Ted a inseguirsi e ad amarsi, affrontando la famiglia e la carriera con intenzioni diametralmente opposte, lei per immolarsi ai suoi demoni, lui per affermarsi. Sylvia, di fatti, non riesce a capire che non sarà mai possibile cercare di conciliare l’immagine di sé stessa come madre e come donna, perché la poesia esige una tensione spirituale e un vuoto “magico” che acquieti la sua inquietudine.
Alla fine di questa immersione nell’inconscio di Sylvia, restano le riflessioni sulla creatività che le donne hanno bisogno di liberare per potersi scegliere, senza deformare la propria interiorità in atteggiamenti che potrebbero non rappresentarle. Sylvia, cercando di essere una madre perfetta e una poetessa squisita, dimentica di essere lei in possesso delle sue voci interiori, senza esserne succube.
In questo romanzo, l’autrice sceglie il punto di vista di Ted, provando a riscattarne l’immagine dalle accuse che gli sono state mosse. La loro essenza si compenetra, senza completarsi, i loro talenti rischiano di metterli in competizione, senza margine di incontro alla lepre e alla volpe impressi in copertina.
Alla prossima,
Anna Quatraro
La coppia «maledetta» della letteratura moderna
Ted Hughes e Sylvia Plath, la coppia «maledetta» della letteratura moderna, segnata dal suicidio di Sylvia a soli trent’anni nel 1963, ha ispirato ogni sorta di speculazioni e mitizzazioni sulla fragile martire e il suo brutale carnefice. In questo romanzo Connie Palmen dà voce a Ted Hughes e fa raccontare a lui – il poeta, il marito, l’uomo che non può smettere di interrogarsi sulle proprie colpe ma che ha sempre mantenuto un religioso silenzio sulla moglie perduta – la sua verità. Una confessione intima, un incalzante viaggio emotivo che ci risucchia nella spirale di un amore tragico fra due scrittori uniti nel sacro fuoco dell’arte: dal primo folgorante incontro che sembra proiettarli in una sfera magica e rivelarli predestinati uno all’altra, al tempestivo matrimonio, il lungo viaggio nella natura americana, la mondanità letteraria di Londra e l’arrivo dei figli, la brillante carriera di lui e la lotta incessante di lei contro i propri demoni. Sylvia, l’irresistibile enfant prodige delle lettere americane, acuta, passionale, ma in realtà una bambina con l’anima di vetro che chiede aiuto, piena di incubi e paure, capace di vivere solo di assoluti, ossessionata dalle aspettative nei suoi confronti fino a includere anche la maternità nella sua ansia di successo, vittima di una mitologia personale che le impone il sacrificio sull’altare della poesia, il martirio come destino, liberazione e rinascita. Ted, l’intellettuale europeo affascinato dai reami dell’inconscio, che in lei trova una musa e una compagna di vita, che a lei dà tutto se stesso per cercare di salvarla dal suo lato oscuro, ritrovandosi intrappolato in un legame di mutua dipendenza sempre più viscerale, esigente, predatorio, e scoprendosi incapace di starle accanto.
Connie Palmen (1955) è una nota scrittrice olandese. Ha avuto uno straordinario successo di critica e vendite con il suo primo libro, Le leggi (Feltrinelli, 1993) a cui sono seguiti numerosi romanzi e raccolte di saggi tradotti in venti lingue. Con Tu l’hai detto ha vinto il prestigioso Premio Libris nel 2016.