Lucido e furioso, Bernhard racconta in un libro di 100 pagine che colpisce come un pugno allo stomaco, che la natura dell’essere umano, è ferina, spietata e molto meno buona di quanto ci raccontiamo.
Bernhard, se non fosse stato Bernhard, avrebbe potuto dire che lui e il nipote di Wittgenstein, il famoso filosofo, erano molto molto amici. Fratelli, quasi. Che come loro non si voleva bene nessuno. Che aveva assisitito l’amico fino alla fine dei suoi giorni. Avrebbe potuto raccontare che Paul era un genio incompreso e avrebbe potuto tacere sulle lunghe degenze dell’amico in ospedale psichiatrico e sulla sua lunga malattia. Avrebbe potuto raccontarci del nipote di Wittgenstein, il famoso filosofo come di un uomo dalle mille qualità. E invece.
Berhard con la sua scrittura vorticosa, che si avvolge e si arrotola su se stessa, ci mostra Paul per quello che era: un essere umano con problemi psichici, colto e raffinato, a tratti patetico, sincero e molto solo.
L’amico Paul chiede a Bernhard di scrivere il discorso per il suo funerale, ma Bernhard non c’è quando Paul muore. A dire la verità Bernhard non c’era nemmeno prima,e ce lo racconta, quando la malattia di Paul degenera e Paul non è più il brillante aristocratico viennese pieno di soldi e cultura, Paul è un poveraccio che vive in una stanza sola, sporca, male arredata e probabilmente fredda.
La scrittura di Bernhard è vorticosa. Parte alla lontana Bernhard. Dice una cosa, poi la ridice e poi la ridice ancora rafforzandola fino a spogliare quel fatto da tutti i fronzoli della diplomazia. “Io non voglio ingentilire la realtà o abbellire le cose”, scrive. Il cerchio si stringe e rimangono i fatti, spogliati da ogni convenzione, a rappresentare la nuda realtà. “a nessuno piace assistere un malato”. “quando vedevo Paul per strada cercavo di evitarlo” “sono stato tante volte nel bar sotto casa di Paul ma non l’ho mai chiamato” “quando è morto io non c’ero”
Bernhard ti prende ti obbliga a fare i conti con quella parte degli esseri umani, di tutti gli esseri umani, che corrisponde molto poco all’immagine che abbiamo di noi stessi. Ci vediamo buoni, capaci di aiutare un amico in difficoltà, capaci di ricordarlo dopo la sua morte con parole di elogio. Capaci di non concedersi il gusto di fare del pettegolezzo (Una volta Paul è salito in taxi e ha detto solo “Parigi”).
Bernhard mostra che l’uomo è poca cosa: siamo anche egoisti, vili, meschini e arroganti.Se morisse un vostro amico voi andreste sicuramente a rendere omaggio alla tomba, vero? Perchè siete buoni. E non potete dimenticarvi dell’amico. Io invece non lo so. Forse non troverei il tempo. Ovviamente spero di trovarlo e vorrei trovarlo ma non posso mettere in conto che forse, per i casi della vita, non lo troverei.
#LIBRIBELLI – una lista in perenne aggiornamento | Una Lettrice
[…] Il nipote di Wittensgtein, Thomas Bernhard […]
Gabriele
Splendido libro questo di Bernhard, un autore che ammiro moltissimo, dallo stile tutto suo (“la sua scrittura vorticosa, che si avvolge e si arrotola su se stessa” è un’ottima descrizione) fino ai protagonisti dei suoi racconti, da questo “nipote di Wittgenstein” a Goethe a Glenn Gould e i tanti altri. Il tag #libribelli è sicuramente appropriato.
Una lettrice
ciao Gabriele,
grazie mille per il commento. Rispetto ad altri libri di Bernhard che ho letto secondo me questo è il più semplice da approcciare, sia per brevità, sia per la tematica.
ciao
Alessandra